| DIBATTITO SULLA AUTENTICITA' DEL PAPIRO DI ARTEMIDORO (prima carta geografica della storia)
Nel nuovo numero dei Quaderni di storia, il direttore della rivista, Luciano Canfora, ordinario di filologia greca e latina all' università di Bari, pubblica un articolo, «Postilla testuale sul nuovo Artemidoro», in cui mette in dubbio l' attribuzione fatta già nel 1999 sulla prestigiosa rivista Archiv da Claudio Gallazzi, direttore dell' Istituto di papirologia dell' Università di Milano, e da Barbara Kramer, una delle massime autorità tedesche, docente a Treviri. Il saggio di Canfora è preceduto dal lungo articolo di un suo allievo, Stefano Micunco, che analizza le circa quaranta figure di animali contenute sul «verso», il retro del papiro, e contesta decisamente seppur indirettamente l' interpretazione offerta dall' imponente catalogo della mostra, Le tre vite del Papiro di Artemidoro (Electa). Sembrerebbe una disputa tra specialisti. Se non fosse che in fondo al corposo numero 64 della rivista (Edizioni Dedalo), in libreria a fine mese, il professor Canfora ha pubblicato due brevi note su uno dei personaggi più ambigui vissuti in Europa nell' Ottocento, il greco Costantino Simonidis, dottore in teologia, pittore capace e papirologo a tempo perso, in realtà uno dei più grandi falsari della sua epoca, nato nel 1824 e morto alla fine del secolo, che diede grattacapi ad accademici inglesi e tedeschi, fabbricando falsi come una Geografia di Cefalonia, un' opera geografica di Androstene, una Storia egizia di Uranio, di cui si erano perse le tracce, un fantomatico antico esemplare del Vangelo di Matteo e addirittura un frammento di Eschilo. Perché le pagine sul geniale e nefasto Simonidis vengono pubblicate nello stesso numero che presenta i saggi che contestano l' attribuzione ad Artemidoro, il geografo greco del primo secolo a.C.? Come si vede, la disputa tra specialisti si fa avvincente, tanto più che il Papiro di Artemidoro è stato acquistato dalla Fondazione per l' Arte della Compagnia di San Paolo per la considerevole somma di 2.750.000 euro. Per orientarci nel fitto gioco di citazioni dal greco antico, nelle dispute sulla grafia di molte parole così come sulla storia e sui disegni del famoso papiro, incontriamo Luciano Canfora. «I primi dubbi - esordisce Canfora - mi sono venuti appena ho letto il testo: possibile che il raffinato Artemidoro di Efeso facesse certi errori di sintassi e anche di lessico? Ma dubbi ancora più forti mi sono sorti sulla storia del papiro e sulla teoria delle "tre vite"». Tutto cominciò, racconta Canfora, «quando un noto mercante di origine armena, residente ad Amburgo, propose agli studiosi dell' Università di Milano di esaminare uno straordinario papiro lungo circa due metri e mezzo e alto 32,5 centimetri che, oltre a cinque colonne di un testo greco, sul lato "recto" conteneva una mappa geografica, diversi ritratti di volti e disegni di varie parti del corpo umano, mentre sul "verso" presentava una quarantina di figure animali. Lo straordinario reperto, secondo quanto ci è stato raccontato, fu rinvenuto dal mercante nella maschera di una mummia. Secondo questa versione furono trovati circa duecento frammenti di papiro, cinquanta dei quali utilizzati per ricostruire il "papiro di Artemidoro", gli altri 150 erano vari documenti risalenti tutti ad epoca neroniana, cioè al primo secolo dopo Cristo». Canfora scuote la testa: «Questa storia non regge. Di solito i papiri, usati come materiale di cartonnage, e impastati con calce e gesso, si ritrovano nelle gole dei coccodrilli imbalsamati e nei pettorali delle mummie, luoghi ben più capienti. Perché poi sul cosiddetto Papiro di Artemidoro non è rimasta alcuna traccia dell' impasto del cartonnage? Perché non mettere subito in luce gli altri 150 frammenti documentari?». Claudio Gallazzi e il direttore della Normale di Pisa, Salvatore Settis, curatori del catalogo e autori dell' expertise, hanno scritto che il papiro ebbe tre vite. «Una teoria - commenta Canfora - che si sposa o si respinge in blocco. La prima vita risalirebbe al I secolo a. C., quando fu commissionata a un copista un' edizione di lusso del secondo libro della Geografia di Artemidoro, corredata anche da una mappa della Spagna. L' errore del disegnatore, che riprodusse la regione della Betica, invece dell' intera penisola iberica, avrebbe determinato l' abbandono dell' opera. Il papiro, invece di essere tagliato e riutilizzato, come di solito avveniva in questi casi, sarebbe stato abbandonato per qualche decennio e ripreso, ed è questo l' inizio della seconda vita, per realizzare una sorta di catalogo con ogni tipo di animali reali e immaginari da mostrare ai clienti della bottega artigianale che volevano affrescare le loro ville. Non conosciamo repertori davvero analoghi a questo nell' antichità. La terza vita, e siamo al I secolo dopo Cristo, sarebbe infine costituita dai disegni anatomici che riempiono gli spazi vuoti del lato "recto". Settis ha sostenuto che si trattava di esercitazioni di giovani apprendisti che copiavano statue e calchi di gesso. Uno studioso francese, Philippe Bruneau, ha contestato l' esistenza di questa consuetudine nell' antichità. Un altro professore italiano, Francesco Prontera, che insegna Geografia antica all' Università di Perugia, riconosce nel proemio del presunto Artemidoro un testo tardogreco. Anche due studiosi di lingua greca, degli atenei di Venezia e Atene, cui ho mandato il testo senza indicarne la provenienza, non hanno avuto dubbi: una prosa successiva a Giustiniano. La teoria delle tre vite entra in crisi». Allora si tratta di un testo bizantino? Canfora in realtà formula un' ipotesi ancora più drastica e a questo punto entra in gioco Simonidis. «È un caso - si chiede Canfora - che l' inizio del IV libro dei Maccabei ricopiato da Simonidis per costruire uno dei suoi falsi, sia simile all' esordio della prima colonna del Papiro di Artemidoro? È solo una coincidenza che una delle otto pagine di Tolomeo rubate da Simonidis in una biblioteca del Monte Athos e da lui rivendute alla British Library contenga una cartina del tutto simile a quella del nostro papiro?». Canfora si spinge oltre una semplice congettura: «Le prime quattordici righe della quarta colonna coincidono con la voce Iberia di Stefano di Bisanzio, studioso del VI secolo d. C. Il brano che va dal rigo 18 al 26 è una citazione del Periplo del mare esterno di Marciano, altro geografo vissuto nel IV secolo dopo Cristo che scrisse un riassunto degli undici libri di Artemidoro. All' interno delle citazioni il falsario Simonidis, che aveva una zoppicante conoscenza del greco classico, inseriva frasi di sua invenzione che contenevano errori sintattici o di senso». L' ipotesi e i sospetti di Canfora hanno avuto una conferma in questi giorni: nel saggio di K. Elliott The Simonides Affair è attestato che Simonidis stava studiando l' epitome di Marciano. E poi c' è la suggestiva ricerca sulle didascalie e le figure di animali condotta da Stefano Micunco. «Due esempi per tutti - conclude lo studioso -. Sul "verso" del papiro si trova una parola, kenalopex, che è la traduzione in greco di un termine latino usato per la prima volta nel XVII secolo per indicare una costellazione, anser cum vulpecula, anatra-volpe. Un mistero. E sotto la figura di un uccello si trova un termine, aigilops, che indica un' erba o una malattia. Consultando un repertorio famoso di epoca bizantina, l' Etimologico magno, certamente conosciuto da Simonidis, abbiamo visto che subito dopo c' era un' altra parola, aigipops (con la "pi" e non con la lambda) effettivamente indicante un uccello rapace. Simonidis aveva sbagliato a copiare».
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