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Ustascia, quando i criminali di guerra diventano beati

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view post Posted on 20/2/2007, 14:27     +1   -1




Da leggere soprattutto per coloro che amano fare i....conteggi dei morti....e condannano l'inciviltà di altre religioni...

Non è certo un caso che per il suo centesimo viaggio pastorale, Papa Wojtyla abbia scelto la Croazia: per la precisione, il centesimo viaggio di Giovanni Paolo II coincide con la sua terza visita in Croazia. Una visita che affonda le radici in quella storia vicina e tormentata che ha portato alla distruzione della Jugoslavia. Non è un caso neanche che, nelle sue parole di circostanza per dare il benvenuto al Papa, il presidente croato Stipe Mesic, dopo aver decantato la "democratica" e bella terra croata, abbia "dimenticato" il ruolo disintegratore dell'integralismo cattolico in Croazia, che ha ricevuto una spinta sostanziale dalla beatificazione di Alojzije Stepinac, "l'arcivescovo del genocidio", che ha dato ancora più vigore al clero cattolico croato, bloccando e ostacolando il processo di riconciliazione tra gli slavi ortodossi e i cattolici.

Proprio nel corso della sua seconda visita in Croazia, nell'ottobre 1998, papa Wojtyla aveva beatificato il dr. Aloysius Stepinac, vescovo cattolico, complice dei più atroci misfatti in Croazia durante il regime di Ante Pavelic dal 1941 al 1945.

Il 18 Maggio 1941 «circondato dai suoi banditi» - come annotava Ciano nel suo Diario - Pavelic venne festosamente e solennemente ricevuto in udienza privata da Pio XII, che, congedandolo, gli fece i migliori auguri per «la sua opera futura...».
Ma cosa riguardava "la sua opera futura"?

Riguardava la cosiddetta "ricattolicizzazione della Croazia" - come scrive, ne "L'arcivescovo croato Stepinac e la strage degli ortodossi", Costante Mulas Corraine. Una ricattolicizzazione da attuare "con tutti i mezzi", come risulta dalle stesse parole del padre francescano Simic: «Ammazzare tutti i Serbi nel più breve tempo possibile. Questo è il nostro programma»; oppure dalle lugubri espressioni programmatiche di Ante Pavelic: «Un terzo dei Serbi deve diventare cattolico, un terzo deve abbandonare il paese, un terzo deve morire!». La politica di sterminio fu sistematica: "le chiese ortodosse vennero distrutte, trasformate in stalle, depredate; i Serbi dovevano circolare con una P sul braccio (Pravoslavac = Ortodosso)...l'unico modo per sfuggire al destino di morte che attendeva i Serbi era la conversione al cattolicesimo: «Se passerete alla chiesa cattolica» - prometteva il vescovo Aksamovic di Djakovo - «sarete lasciati in pace nelle vostre case».

Nelle prime sei settimane di vita della nuova Croazia furono assassinati tre vescovi, più di cento preti e monaci ortodossi e migliaia di Serbi. "Per ordine dell'ordinariato episcopale le chiese ortodosse vennero trasformate in luoghi di culto cattolico oppure furono completamente distrutte. Il mese seguente vennero ammazzati oltre 100.000 Serbi, donne, vecchi, bambini. La chiesa di Glina venne trasformata in un mattatoio: «Il bagno di sangue durava dalle dieci di sera alle quattro del mattino, e andò avanti per otto giorni. Le uniformi dei macellai dovettero essere cambiate, perché intrise di sangue. In seguito vennero ritrovati bambini infilzati negli spiedi, con le membra ancora contratte negli spasmi della sofferenza». Fino al Novembre del 1941 furono uccisi altri cinque vescovi e non meno di trecento preti ortodossi: l'ottantenne metropolita di Sarajevo Petar Simonic venne strangolato, mentre contemporaneamente l'arcivescovo cattolico della città Ivan Saric componeva odi in onore di Pavelic ed esaltava nel giornale diocesano i nuovi metodi rivoluzionari «al servizio della verità, della giustizia e dell'onore». A Zagabria, dove risiedevano il primate Stepinac e il Nunzio Apostolico Marcone, il metropolita ortodosso Dositej fu torturato al punto che divenne pazzo. Il 26 Giugno 1941 Pavelic accolse in pompa magna l'episcopato cattolico guidato da Stepinac, cui promise «dedizione e collaborazione in vista dello splendido futuro della nostra patria». Il primate di Croazia sorrideva."

I militari italiani presero le distanze dagli eccessi virulenti di Pavelic, dando vita a tanti episodi di eroismo, salvando vite di civili serbi indifesi. Il generale Mario Roatta, comandante della Seconda Armata italiana, minacciò di aprire il fuoco contro gli Ustascia che intendevano penetrare nei territori controllati dagli Italiani, e gli stessi tedeschi, diplomatici, militari e uomini dei servizi segreti, inviarono proteste contro il terrore ustascia al comando supremo della Wehrmacht e all'Ufficio Esteri. "Il 17 Febbraio 1942 il capo dei Servizi di Sicurezza scrisse al comando centrale delle SS: «È possibile calcolare a circa 300.000 il numero dei Pravoslavi uccisi o torturati sadicamente a morte dai Croati... In proposito è necessario notare che in fondo è la chiesa cattolica a favorire tali mostruosità con le sue misure a favore delle conversioni e con la sua politica delle conversioni coatte, perseguite proprio con l'aiuto degli Ustascia... È un fatto che i Serbi che vivono in Croazia e che si sono convertiti al cattolicesimo vivono indisturbati nelle proprie case... La tensione esistente fra Serbi e Croati è non da ultimo la lotta della chiesa cattolica contro quella ortodossa» (Dagli Archivi della Gestapo). Felix Benzler, inviato tedesco a Belgrado, il generale Alexander Löhr, l'inviato tedesco a Zagabria Siegfried Kasche, il generale Glaise von Horstenau inviarono a Berlino memoriali che sollecitavano esplicitamente a una maggior prudenza nel sostegno al regime di Pavelic. Come risulta da un comunicato del 12 Aprile 1942 redatto dai servizi segreti tedeschi «in diverse località ai confini fra Serbia e Croazia si è giunti a scontri armati fra le truppe tedesche e unità ustascia», scontri determinati dall'intenzione dei Croati di estendere i loro «massacri» dei Serbi. Lo stesso Ribbentrop incaricò l'ambasciatore tedesco a Zagabria di esprimere la profonda costernazione del governo del Reich a causa «degli orribili eccessi degli Ustascia, elementi criminali». In più occasioni i militari italiani e tedeschi si dimostrarono sconvolti e scandalizzati dal comportamento criminale del regime croato; soltanto la chiesa cattolica e il suo capo Stepinac tacquero, anzi, collaborarono attivamente alla realizzazione del «futuro lavoro». In questo "lavoro" si è distinto Stepinac, "l'arcivescovo del genocidio", che Papa Wojtila ha beatificato nel '98.

"E questo accadde perché «le azioni degli Ustascia erano azioni della chiesa cattolica», la quale collaborò fin dal principio col regime di Pavelic. Molti preti cattolici erano membri del partito Ustascia, come l'arcivescovo di Sarajewo Ivan Saric; vescovi e sacerdoti cattolici sedevano nel Sobor, il Parlamento croato, che apriva le sue sedute al canto del Veni creator spiritus; padri francescani comandavano i campi di concentramento e lo stesso Pavelic appare in centinaia di fotografie circondato da vescovi, preti, frati, suore e seminaristi. E Stepinac non lo sapeva? Forse fu proprio lui a dettare il messaggio di Pavelic a Pio XII: «Santo Padre! Allorché la provvidenza divina concesse che io prendessi nelle mie mani il timone del mio popolo e della mia patria, decisi fermamente e desiderai con tutte le mie forze che il popolo croato, sempre fedele al suo glorioso passato, restasse fedele in futuro all'apostolo Pietro e ai suoi successori, e che il nostro popolo, compenetrato dalla legge del vangelo, divenisse il regno di Dio».
Codesto regno di dio venne intanto delineato dal ministro dell'istruzione Mile Budak: «Ammazziamo una parte dei Serbi, ne cacciamo via un'altra, e il resto, che deve accettare la religione cattolica, sarà accolto nel seno del popolo croato». Il "beato" Stepinac non ha alzato la voce per fermare il massacro, come hanno fatto, rischiando la loro posizione e a volte la loro vita, tanti militari italiani.


Forse il presidente croato Mesic e il Papa non sanno che, nella Jugoslavia socialista le religioni erano più rispettate di quanto non lo sia ora lo stesso cattolicesimo nella "cattolicissima Croazia". Scrisse il politico Cubrilovic, dopo la morte di Tito nel 1980: "E stato un grande ateo, ma il comunista Josip Broz Tito è stato sepolto con tutti gli onori, perfino dalle Chiese. Le gerarchie di tutte le comunità religiose dovevano riconoscere che milioni di credenti hanno veramente amato e stimato Tito, e che sono stati addolorati alla notizia della sua morte" (Da "La battaglia più sofferta di J. Broz Tito"di Staumbringer )

Ma la Jugoslavia come realtà unitaria e organica dava fastidio al Vaticano. Ricordiamo alcune date:

Nel 1918 Il Vaticano si pronunciava contro la formazione della Jugoslavia,decisa a Versailles da Francia e Inghilterra. Motivo: popolazioni cattoliche finirebbero nell'orbitta ortodossa dei serbi, popolo egemone del nuovo Stato.

Fra il 1918 e il 1941 cresceva la fortissima opposizione della Chiesa ortodossa, diventata nel
frattempo indipendente da Costantinopoli, a un accordo fra Belgrado e il Vaticano relativo ai rapporti tra lo Stato e i cattolici. La mancata firma del concordato faceva crescere la tensione tra Belgrado e la Chiesa slovena e croata.

Fra il 1941-1945 - L'arcivescovo di Sarajevo, Saric, si distingueva in ferocia, mentre a Zagabria, l'arcivescovo Stepinac salutava il nuovo stato indipendente croato di Pavelic.

Nel 1945 gli immensi beni della Chiesa (case, edifici di culto, boschi, campi, abbazie) venivano nazionalizzati dal nuovo regime comunista.

Nel 1946 Stepinac veniva arrestato per collaborazionismo e condannato al carcere. Tito, temendo di farne un martire, gli offriva l'esilio, ma l'arcivescovo rifiutava.

Veniva rinchiuso per 5 anni nel carcere di Lupoglava. Poi gli venivano concessi gli arresti domiciliari (Con ampia libertà di ricevere chiunque volesse. Sono documentate anche le visite dello scultore Ivan Mestrovic, residente negli USA).

Nel 1953 Papa Pacelli nominava Stepinac cardinale, e, per reazione, Tito rompeva i rapporti diplomatici col Vaticano. Per gli ortodossi Stepinac rimaneva il simbolo della ferocia ustascia. Stepinac muore nel 1960, e subito circolano le voci di avvelenamento. Così, appena preso il potere nel 1990 "l'anticomunista" (dopo essere stato comunista.) Tudjman disporrà l'autopsia. Non fu mai accertato l'avvelenamento.

Tra il 1987 e il 91 le Chiesa di Lubiana e Zagabria tuonano contro il "centralismo belgradese" e i tentavi egemonici di Milosevic. Il Vaticano, con la sua diplomazia sommersa punta sull'indipendenza delle due repubbliche di Slovenia e Croazia.

Nel 1992 lo Stato Vaticano riconosce l'indipendenza di Slovenia e Croazia con anticipo su tutti gli altri Stati. L'atteggiamento antiserbo della Chiesa è netto.

Nel 1994 in Bosnia, il Papa preme per un intervento armato in favore dei musulmani e contro gli "aggressori di Sarajevo", cioé i serbi. E' la storica riscoperta della "guerra giusta" di agostiniana memoria. Nella precedente guerra, quella del Golfo, il Papa aveva proclamato la sua assoluta neutralità. Da allora subisce un ulteriore rallentamento il processo di riavvicinamento alla
Chiesa Ortodossa. A tutt'oggi Wojtyla non è ancora riuscito a incontrare il patriarca di Mosca.

Dal 1994 si raffredano i rapporti tra la Chiesa e il presidente Tudjman ("diventato più cattolico dello stesso Papa"), rimproverato di eccessi nazionalistici. Ma Tudjman dimostra verso la Chiesa una disponibilità unica a restituire almeno in parte i beni nazionalizzati. In questo clima, Wojtyla visita per la prima volta Zagabria e Sarajevo.

Nel 1998 il papa decide la beatificazione di Stepinac e la nuova visita in Croazia nel segno della
"riconciliazione etnica e del dialogo ecumenico".

Marco Aurelio Rivelli, autore de "L'Arcivescovo del genocidio"( Milano '99 Kaos edizioni), intervistato da Vittorio Bellavite, raccontava che: " ...si tratta appunto di un "genocidio occultato". Non è conosciuto in Occidente ed è stato trascurato dalla storiografia ; gli sterminatori erano fanatici fascisti che impugnavano la croce ed il pugnale, erano appoggiati da gran parte del clero cattolico e dai Vescovi. I militari italiani cercavano di frenarli ; gli sterminati non erano ebrei ma altri cristiani giudicati scismatici perché ortodossi. Il Vaticano sapeva tutto e tacque. Innumerevoli segnalazioni giunte da Londra, dagli Usa, dal governo iugoslavo in esilio con richiesta di intervento non furono raccolte dal Vaticano (l'unico a protestare era il Card. Tisserant, allora uno dei pochissimi non italiani nella Curia). Ciò spiega anche in buona parte la guerra civile scoppiata in Jugoslavia nel '91. In Jugoslavia però esiste un'opera monumentale in parecchi volumi di Milan Bulajic. Questo storico ha passato la sua vita a ricostruire il genocidio, villaggio per villaggio, famiglia per famiglia, campo di concentramento per campo di concentramento. Ci sono i nomi, i luoghi, le date. In Jugoslavia tutti sanno per esperienza diretta, le notizie passano di generazione in generazione; si tratta poi di fatti non ancora troppo lontani.

Il genocidio inizia immediatamente. Come gli ustascia si insediano a Zagabria ( a metà dell'aprile '41 ) inizia il massacro. e continua per settimane e anni. I massacri non sono occultati ma ben noti, visibili, per le strade, nelle Chiese ortodosse.... lo sterminio avvenne con tale crudeltà (nei confronti di donne, bambini, con mutilazioni, accecamenti, sventramenti.....) da essere un unicum tra le atrocità della seconda guerra mondiale e nella storia degli ultimi secoli. Le truppe italiane di occupazione già nell'agosto del '41 ampliarono l'area che occupavano dall'Istria e dalla Dalmazia verso Est di un centinaio di chilometri, estromettendo del tutto gli ustascia dove arrivavano. Gli italiani riaprirono le Chiese ortodosse e ciò suscitò la reazione di Stepinac presso i militari italiani. "

E vediamo come certa stampa di ispirazione cattolica ha commentato la visita del Papa (Woytila) in Croazia, paese tormentato dalle "guerre balcaniche, una terra che ha da sempre difeso le proprie radici cattoliche e cristiane. Anche nei momenti più duri del comunismo titino, la Chiesa croata ha testimoniato la propria fedeltà a Roma grazie a personalità come il cardinale Aloijze Stepinac (poi dichiarato beato) o il cardinale Franjo Kuharic, allievo dello stesso Stepinac e faro spirituale dei croati durante la violenza guerra con i serbi quando, fra il 1991 e il 1992, si è disfatta la Federazione di Jugoslavia. La prima visita del Papa in Croazia fu nel 1994 quando parlò a una folla oceanica riunita a Zagabria, nella capitale, senza dimenticare che qualche centinaio di chilometri più a sud, oltre confine, in Bosnia Erzegovina, si stava consumando una delle più violente guerre del ventesimo secolo. Nella sua seconda visita il Papa si fermò a Spalato, nel cuore della Dalmazia e poi ancora nella capitale croata. Fu in quell'occasione che, durante un incontro con i rappresentanti del mondo della cultura, disse: «In questa regione, dove per secoli si sono incontrate visioni del mondo diverse, occorre continuare a impegnarsi insieme per la cultura, senza indulgere a sterili contrapposizioni, ma coltivando piuttosto sentimenti di rispetto e riconciliazione». Un appello alla fratellanza e ai valori del cristianesimo che il Papa non mancherà di ripetere anche adesso."

Di quale "rispetto e riconciliazione", di quale "fratellanza" e di quali "valori del cristianesimo" si parli, si può facilmente capire dall'impulso dato da questo Papa al "beato criminale" Stepinac, e dalla capacità dimostrata dalla diplomazia vaticana di soffiare, da sempre, sui venti di guerra che hanno portato alla dissoluzione della Jugoslavia e al martirio dei Serbi in Kosovo e Metohija.

Maria Lina Veca
 
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Destrolo
view post Posted on 20/2/2007, 18:13     +1   -1




Non ho letto il post, ma se si parla di carneficine sono sicuro che la colpa è dei comunisti.
 
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Insel
view post Posted on 20/2/2007, 18:26     +1   -1




Destrolo, se ti piace Velazquez, che ne dici di questa, non è meglio del Nano con cane? :bll:

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view post Posted on 20/2/2007, 20:58     +1   -1




speravo in qualcosa di meglio...
 
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3 replies since 20/2/2007, 14:27   514 views
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