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Il papiro di Artemidoro

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Xantia83
view post Posted on 22/3/2008, 04:30     +1   -1




CITAZIONE (Aryanna... @ 22/3/2008, 01:55)
Grazie degli immeritati complimenti, Athy ;).
Ma dal "mio" (-_-) Xantia vorrei proprio sapere due cose:

a)
CITAZIONE
rr. 1-10. Colonna I
Chi si accinge ad un'opera storiografica deve fornire un'esposizione completa della propria scienza

Perché storiografica? Non dovrebbe essere geografica?
b) perché non hai postato questo intervento anche su Tracce <_< (http://tracce.forumfree.net/?t=26199780)?

Tsk. -_-

a) perchè alle 6 di mattina non ero abbastanza sveglio per notare lo svarione. Ve lo correggo subito, con anche il gr. id'an >idìan. Non sono riuscito a trovare il segno per le vocali lunghe e per quelle non posso rimediare.

Ho controllato il testo, non ci dovrebbero essere altri errori.

b) per pigrizia e per evitare doppioni; l'avrei riportato di là con qualcosa di diverso o scorciato stasera.
Ma poi di là c'è il link che porta di qua, non sarebbe stato difficile trovarlo.
( "mio" non l'avrei detto da una proposta di un post di un poco tempo fa... <_< )

Altra notizia:

Mario Capasso, ordinario di papirologia a Lecce e direttore del Centro studi Papirologici, nel suo manuale Introduzione alla papirologia Bologna 2005 ediz. Mulino, per desiderio di completezza, ha fatto cenno al papiro di Artemidoro presentandolo come autentico ed esempio della circolazione di libri lussuosi (pp. 98-99), senza fare riferimento alla sua possibile inautenticità. Posizione coraggiosa ma un po' suicida!

Edited by Xantia83 - 22/3/2008, 05:52
 
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Aryanna...
view post Posted on 22/3/2008, 13:27     +1   -1




Notizie fresche quasi... di giornata! :)
Tra l'altro questo risponde alla giustissima osservazione di next: perché diavolo non si è ricorsi al carbonio 14 per la datazione?

CITAZIONE
12-03-2008: IL SUPPORTO DEL PAPIRO DI ARTEMIDORO

Il Laboratorio per i Beni Culturali di Firenze (LABEC) dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN) ha datato il supporto del Papiro di Artemidoro. Secondo le misure realizzate dal LABEC, il supporto del papiro ha circa 2.000 anni. La notizia è stata resa nota oggi a Berlino.

Il prestigioso LABEC, il laboratorio per i Beni Culturali di Firenze dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), ha datato il supporto del famoso (e discusso) Papiro di Artemidoro, cioè il documento che contiene la prima trascrizione conosciuta di parte del testo geografico di Artemidoro di Efeso, lo storico del primo secolo avanti Cristo. Il Papiro non è dunque opera di Artemidoro, ma una trascrizione successiva della sua opera.
Secondo le misure realizzate dal LABEC, il papiro ha circa 2.000 anni.
La notizia è stata resa nota oggi a Berlino dal direttore del Laboratorio, Pier Andrea Mandò, nel corso della presentazione dell'edizione scientifica del Papiro realizzata da Claudio Gallazzi, Bärbel Kramer e Salvatore Settis, pubblicata da LED Edizioni – Milano.

Il LABEC ha datato con il carbonio-14, utilizzando la tecnica ultrasensibile della spettroscopia di massa con acceleratore, tre minuscoli frammenti prelevati da zone completamente diverse del papiro. I tre frammenti sono risultati coevi: la loro “data di nascita” si aggira attorno al primo secolo dopo Cristo. Più precisamente, vi è una probabilità del 95 per cento che la data sia compresa fra il 40 avanti Cristo e il 130 dopo Cristo (al 68% di probabilità invece l’intervallo è il periodo compreso tra il 15 e l’85 dopo Cristo). Questa datazione è stata successivamente confermata da altre misure effettuate indipendentemente dal laboratorio CIRCE, recentemente creato a Caserta da un gruppo di fisici nucleari napoletani.

Il LABEC di Firenze ha eseguito anche un’altra importante misura, quella sull’inchiostro, con la tecnica della “Ion Beam Analysis”. Questa misura ha definitivamente dimostrato con certezza che il Papiro di Artemidoro non è stato scritto con un inchiostro metallo-gallico (basato cioè su sali metallici, come si usava di norma nel 1800), ma con un inchiostro a base puramente organica. L’inchiostro è stato analizzato senza effettuare alcun prelievo, in maniera completamente non distruttiva, ricostruendo - grazie alla tecnica di analisi con microfascio a scansione - le mappe di distribuzione degli elementi chimici su diverse aree scritte del papiro. Non è stata in nessun caso trovata una correlazione fra le distribuzioni degli elementi metallici che dovrebbero costituire un inchiostro metallogallico e le tracce di scrittura. Anche misure fatte da altri gruppi con tecniche diverse (spettroscopia Raman e tecnica XRF) hanno suggerito la stessa conclusione.

(fonte: http://www.infn.it/news/news.php?id=457)

Ho postato un sacco di immagini qua:

Tracce - Il papiro di Artemidoro
 
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Aryanna...
view post Posted on 22/3/2008, 15:05     +1   -1




Eppure, nonostante queste notizie scientifiche, non sono convinta...
No, c'è qualcosa che non mi torna.
Lo dico dal basso della mia assoluta non conoscenza dell'argomento, proprio "a pelle", con il semplice intuito che mi deriva da una pluridecennale frequentazione del mondo classico: c'è qualcosa che proprio non va in quel papiro...
Per esempio le immagini: puzzano di tardo manierismo in un modo addirittura spudorato!
Chiunque abbia eseguito quegli schizzi, secondo me, conosce e cita esplicitamente Michelangelo e i suoi tardi epigoni.
Boh, è solo un'impressione, ripeto...
 
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view post Posted on 22/3/2008, 15:15     +1   -1




mah sono davvero troppo ingorante per pronunciarmi , certo che si tratta comunque di una cosa di straordinaria bellezza.
 
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Aryanna...
view post Posted on 22/3/2008, 15:16     +1   -1




Vi consiglio di leggere questo recentissimo articolo apparso sul Corriere della Sera del 14 gennaio scorso:

CITAZIONE
Duello finale su Artemidoro
Pronta l'edizione critica, ma Canfora insiste in due libri: è un falso


Con il nuovo anno sta giungendo al suo epilogo uno dei casi culturali più clamorosi degli ultimi tempi: la discussione sull' autenticità del papiro di Artemidoro, il prezioso reperto acquistato dalla Fondazione per l' Arte della Compagnia di San Paolo per la ragguardevole somma di 2.750.000 euro ed esposto nel 2006 nelle sale di palazzo Bricherasio a Torino in una mostra di grande successo.
Mentre i sostenitori dell' autenticità preparano un' altra esposizione che sarà inaugurata a Berlino il 12 marzo e annunciano la contemporanea presentazione dell' edizione critica, il professor Luciano Canfora, filologo dell' università di Bari, leader del gruppo di grecisti che con sempre maggiore convinzione sostengono l'ipotesi che il papiro sia un falso, manda in libreria due volumi.
Il primo, in inglese, «The True History of the So-called Artemidorus Papyrus», uscito nelle edizioni di pagina (pagine 200, 16), già recensito dalla Frankfurter Allgemeine Zeitung, raccoglie articoli pubblicati sulla rivista «Quaderni di storia» e un' edizione del papiro.
Il secondo e più imponente volume, «Il papiro di Artemidoro», con contributi anche di Luciano Bossina, Livia Capponi, Giuseppe Carlucci, Vanna Maraglino, Stefano Micunco, Rosa Otranto e Claudio Schiano (Laterza, pagine 524, 28) sarà mandato in libreria giovedì 17.
Tutto cominciò una sera del dicembre 2005 quando il professor Tullio Gregory commissionò a Luciano Canfora la voce «Papiri» per l' appendice settima dell' Enciclopedia italiana. Una richiesta seguita da una raccomandazione: parlare del Papiro di Artemidoro, una delle più importanti scoperte del secolo.
Così Canfora, con la migliore disposizione d' animo, nel marzo 2006 andò a Torino dove era allestita la grandiosa mostra intitolata «Le tre vite del Papiro di Artemidoro». Un titolo che si riferiva alle stratificazioni di testi e disegni accumulatisi sul papiro in due secoli di vita, dal primo avanti Cristo al primo dopo Cristo.
Pur impressionato dalla sontuosa presentazione, il filologo Canfora venne subito assalito da un dubbio: nel papiro non si trovava quella lingua classica e tecnicizzante in cui doveva scrivere Artemidoro di Efeso. [appunto, N.d.R.] Da questo dubbio, foriero di approfondite ricerche, scaturirono una serie di scoperte che come in un disvelamento di scatole cinesi portarono all' ipotesi che il papiro fosse comunque un prodotto tardo e probabilmente un falso.
Innanzitutto, spiega Canfora, «il brano non era costituito dal secondo libro della Geografia di Artemidoro, che operò tra il secondo e il primo secolo avanti Cristo, ma piuttosto un testo di Marciano, che nel IV secolo dopo Cristo aveva riassunto alcuni brani di Artemidoro. Ma anche l' ipotesi Marciano non reggeva. Perché il testo sembra riprendere pedissequamente l' edizione ottocentesca di August Meinecke. E ancora nella quinta e ultima colonna del testo figura il nome di un fiume, Oblevion, introdotto dagli studiosi umanisti e non la versione Belion, come compare in Strabone».
È vero, a seguire il filo vengono le vertigini. Ma tutti i passaggi portano, secondo Canfora, a un personaggio ottocentesco, a suo modo di grande levatura, il falsario Costantino Simonidis, per anni apprendista di greco antico nei monasteri del monte Athos e del Sinai, quindi frequentatore delle capitali europee, Londra, Berlino, Parigi, dove era diventato l' incubo degli accademici.
Simonidis, esperto disegnatore per aver seguito i corsi del francese Vidal, un allievo di David, [appunto! N.d.R.] aveva tratto in inganno più di un professore con i suoi falsi che andavano dal Vangelo di Matteo a Tucidide. Ma la sua specializzazione erano le Geografie: ne aveva confezionate su Cefalonia, su Simi e aveva proposto un falso Periplo di Annone che altro non era che il periplo del Marocco, idealmente il capitolo precedente del Papiro di Artemidoro, presentato come il Periplo della Spagna. Un reperto unico, perché, a differenza di quanto avveniva nell' antichità, la carta geografica era accompagnata dal testo.
In un volume che spazia dalla filologia all' inchiesta, troviamo anche il saggio di Livia Capponi che ha potuto analizzare una raccolta di falsi confezionati da Simonidis, custoditi nella collezione Joseph Mayer di Liverpool. «Simonidis - ipotizza Canfora - non lavorava da solo. Aveva una rete di collaboratori ed estimatori che lo aiutavano a vendere la sua merce. E a confondere le acque della papirologia. Non è escluso che il Papiro di Artemidoro arrivi dalla collezione Mayer, sia uno di quei tre rotoli scomparsi e mai più ritrovati di cui parla la Capponi».

Dino Messina

 
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view post Posted on 22/3/2008, 15:29     +1   -1




una di quelle storie su cui , credo, non si riuscirà mai ad arivare ad un giudizio condiviso.

comunque anche per quanto riguarda la Sindone non è che le cose siano tanto diverse.
Roma, 22 giugno 2007 - Datazione al carbonio: si chiama cosi' il sistema che puo' collocare, con una certa precisione, la 'nascita' di un oggetto non metallico. Ed e' stata la datazione al carbonio a dire che la Sindone, il 'Sacro lino' custodito a Torino, non risale al periodo in cui in Palestina visse e mori' Gesu' Cristo, ma a quindici secoli dopo. Questa scoperta ha sensibilmente intaccato(come puo' testimoniare il calo di persone che le rendono omaggio) la fede acritica che e' stata nutrita per secoli intono a quello che per tutti era il sudario del Nazareno. Ma il fatto che la Sindone non sia quella che per secoli e' sembrata essere, da un lato porta ad una riconsiderazione di cio' che essa e' ancora per milioni di fedeli (che non sembrano essere stati toccati dal dubbio), dall'altro pone una serie di interrogativi su chi sia stato l'artefice di questa che potrebbe, quindi, essere la 'madre di tutte le beffe''.



Lynn Picknett e Clive Prince, specializzati in ''gialli storici'' (alcuni diventati dei best seller), su chi sia l'artefice di questo mistero di dubbi ne hanno veramente pochi. E i due si dicono sicuri che chi ha costruito il lino e l'uomo che in esso e' effigiato siano la stessa persona, nientemeno che Leonardo da Vinci. Una teoria che, di per se' affascinante, apre la strada, in ''La sindone da Vinci'', ad altre ricostruzioni di come il Genio italiano abbia potuto creare secoli e secoli fa un manufatto la cui mendacita' e' stata scoperta solo vent'anni addietro, grazie a tecnologie che nemmeno la fertilissima mente di Leonardo poteva pensare potessero essere realizzate.



La teoria di Picknett e Prince e' stata gia' duramente contestata, ma alle deduzioni negative i due ricercatori cercano di rispondere, con dovizia di argomentazioni, che rischiano comunque di apparire mere difese costruite a tavolino. Una di queste e' comunque degna di essere riferita perche', per dare sostanza alla loro teoria, gli autori dicono che la spiegazione al mistero sta tutta nell'analisi di un'opera di Leonardo, il ''Salvator Mundi'', il cui soggetto, se lo si sovrappone a quello della Sindone, mostra evidenti elementi di somiglianza, anzi ''una corrispondenza assolutamente perfetta'' e che quindi l'artista aveva una chiara conoscenza della Sindone.

 
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Aryanna...
view post Posted on 22/3/2008, 15:43     +1   -1




Sul papiro di Artemidoro, secondo me, si arriverà ad un verdetto definitivo: è solo questione di tempo.
Intanto, per dovere di cronaca e di imparzialità, posto anche questo articolo, sempre tratto dal Corriere della Sera e sempre di Dino Messima, recentissimo (13 marzo 2008):

CITAZIONE
Artemidoro, il papiro non è un falso
di Dino Messina - 13/03/2008

Fonte: Corriere della Sera [scheda fonte]

Presentata l'edizione critica. Salvatore Settis: escluso che sia dell'800. I dubbi filologici
Gli esperti a Berlino: l'analisi chimica lo fa risalire al I secolo dopo Cristo

Il papiro di Artemidoro campeggia da ieri in una sala dell'Altes Museum di Berlino, circondato da altri antichi reperti ellenistici ed egizi. E con l'apertura della mostra viene esibita anche un'edizione critica senza eguali, considerata dai curatori, Claudio Gallazzi, antichista dell'università di Milano, Barbel Kramer, dell'università di Treviri, e Salvatore Settis, storico dell'arte antica e direttore della Normale di Pisa, la «prova del nove» che quella sottile e preziosa pergamena acquisita dalla Fondazione per l'arte della Compagnia di San Paolo per 2.750.000 euro sia autentica. O meglio, proprio di Artemidoro non è, ma è una copia che risale «almeno al primo secolo dopo Cristo».
In realtà di argomentazioni per contestare l'ipotesi del falso sostenuta da Luciano Canfora ne sono state portate parecchie. Lo ha fatto ieri sera Settis durante una lectio magistralis, continueranno oggi gli altri studiosi italiani e stranieri in un convegno interdisciplinare.
Innanzitutto per la prima volta verranno resi noti dal fisico Pier Andrea Mandò, del Labec, il Laboratorio per i beni culturali di Firenze, le conclusioni delle analisi chimico fisiche condotte sul papiro e sull'inchiostro. «Le analisi condotte con il carbonio 14, utilizzando la tecnica della spettroscopia di massa con acceleratore su tre campioni del papiro — ci ha detto Mandò — ci fa dire che al 95% il reperto può essere datato tra il 40 avanti Cristo e il 130 dopo Cristo: al 68% l'intervallo di probabilità è compreso tra il 15 e l'85 dopo Cristo». Anche sulla base di questi risultati, ha confessato Gallazzi, «abbiamo spostato, di circa un secolo la datazione del testo, rispetto a una prima ipotesi del 1998. Dal I secolo avanti Cristo al primo dopo Cristo». Non l'originale dunque del II libro della Geografia di Artemidoro, ma una sua copia fatta su un papiro che secondo la famosa teoria delle tre vite, ribadita ieri sera da Settis, fu abbandonato per un errore, quindi servì in un primo tempo come repertorio con disegni di animali reali o fantastici in una bottega artigiana, quindi fu usato per disegni anatomici. Le analisi chimiche hanno riguardato anche l'inchiostro. «Il papiro di Artemidoro — ha detto Mandò — è stato scritto con inchiostro vegetale, a base puramente organica, non con inchiostro metallo-gallico, basato cioè su sali metallici, come si usava nell'Ottocento». Una affermazione che escluderebbe totalmente l'ipotesi avanzata da Canfora secondo cui il papiro potrebbe essere opera di un falsario greco vissuto nell'Ottocento, Costantino Simonidis.
E la prova di polvere di grafite che un anno fa trapelò da un laboratorio di Brescia? «Si tratta di cristallizzazioni di sostanze vegetali avvenute successivamente ». Dall'analisi chimico fisica a quella dello stile, i curatori del volume non hanno trascurato nessun aspetto, tanto da chiedere il contributo del filologo della Sapienza di Roma, Albio Cesare Cassio, convinto assertore dell'autenticità ma anche del fatto che Artemidoro, soprattutto nelle prime due colonne del testo, una sorta di proemio che canta le lodi della geografia, «era scrittore a tratti involuto, diremmo oggi barocco, raro esempio di prosa "asiana". Ma di qui a sostenere, come fa Luciano Bossina, che si tratti di un linguaggio teologico risalente a epoche bizantine ce ne corre. L'errore che fanno i sostenitori dell'ipotesi che il papiro sia un falso è di non considerare quanto sia grande il patrimonio perso della cultura antica, sicché quasi ogni papiro scoperto ci propone una parola che non conoscevano o ci fa retrodatare di secoli l'uso di un altro termine».
Questo è l'argomento usato contro chi come Stefano Micunco ha sostenuto che alcune parole, quali kenalopex, anatra con volpe, fossero state attinte dal falsario Simonidis addirittura da repertori del 1600. «Considero Canfora — ci confida Cassio — uno studioso di intelligenza e competenze superiori alla media, ma questa volta lui e i suoi allievi si sono innamorati di una ipotesi sbagliata».
Il problema, incalza Settis, «non è l'interpretazione di Canfora, ma i problemi aperti da questo papiro che nemmeno l'edizione critica riesce a risolvere appieno. Qual è per esempio la funzione di quella cartina in cui si vedono strade, fiumi e vignette ma senza precise indicazioni toponomastiche?». Forse si tratta di una parte della Spagna descritta nelle colonne quarta e quinta del testo, ma non ne siamo sicuri.
E l'obiezione di fondo secondo cui il papiro di Artemidoro conterrebbe una sintesi fatta da Marciano, poi ripresa da Stefano di Bisanzio, quindi nel decimo secolo da Costantino Porfirogenito, quindi edita e corretta nel 1800 da August Meinecke? Rivelerebbe insomma tutti questi passaggi e sarebbe perciò un falso.
Secondo Settis, «questa obiezione non sta in piedi. Canfora e i suoi allievi hanno in realtà rovesciato i termini del problema e hanno creduto così di ricostruire il falso». Quanto alle «congetture» apportate da Meinecke, «a mio avviso — aggiunge Cassio — ci restituiscono l'Artemidoro autentico».
Insomma in questi due giorni berlinesi si parla molto di filologia, chimica, fisica, papirologia. Al centro della discussione Artemidoro, ma anche Luciano Canfora, che non si sa perché non sia stato invitato. Avrebbe potuto rispondere alle obiezioni a lui mosse fra le pagine 56 e 60 dell'edizione critica pubblicata dalla Led. Compresa questa: «Se si guardano i disegni al microscopio, si vede agevolmente che essi furono tracciati su un supporto perfettamente integro, giacché non ci sono sbavature di inchiostro nei fori, né segni stesi su fibre scomposte, né tratti interrotti prima dei buchi, che sono indizi di contraffazione. Non è pensabile che un rotolo di 3 metri senza la minima lesione possa essere venuto nelle mani di un falsario, il quale lo avrebbe imbrattato di disegni, per poi farlo a pezzi e nasconderlo dentro un ammasso di papier maché da vendere per pochi soldi a Saiyd Khashaba Pasha».

Invece, per quanto riguarda la Sindone, non mi sento di darti ragione... Ma dovremmo spostarci nell'apposita discussione sui falsari: Quei geniali burloni :)

Qui avevo già postato un articolo che riassume le posizioni scientifiche più recenti sulla Sindone; e la tesi che si tratti di un falso di epoca medievale è estremamente dubbia...
Ti riporto i passi salienti di quell'articolo (ma poi sarà bene che evitiamo l'OT e ne parliamo di là :)):

CITAZIONE
Il 14 ottobre 1988, al British Museum di Londra, gli scienziati Michael Tite, Robert Hedges ed Edward Hall, annunciarono infatti che i frammenti di tessuto sindonico sottoposti all’esame del 14C (radiocarbonio), erano da datare a un’epoca non antecedente il 1260. Brandelli quindi, né più né meno, di un clamoroso falso medioevale.
Petrosillo e Marinelli, partendo da questi risultati che contraddicevano le ricerche effettuate in numerosi ambiti disciplinari (tra i quali l’archeologia, la palinologia, la chimica, la paleografia, l’ottica e l’elaborazione d’immagini), ribaltano però l’accusa della contraffazione.
Veniamo così a sapere delle lotte interne al mondo scientifico internazionale per accaparrarsi l’incarico dell’esame al 14C. Di un prelievo di campioni le cui dimensioni e pesi sono stati palesemente artefatti. Di misteriose aggiunte di altri campioni, di fughe di notizie forse vendute al miglior offerente, di false conclusioni offerte alla stampa scientifica e infine dell’assoluta inattendibilità del tipo di esame compiuto. Tra i tanti infortuni di un metodo più volte definito infallibile, vengono qui citati quello che ha accreditato un "corno vichingo" all’anno 2006 (dopo Cristo, quindi nel futuro) e quello che ha fatto risalire alcuni resti del Neolitico nientemeno che al 1800.
Le successive ricerche effettuate da Dimitri Kouznetsov, già premio Lenin per la scienza, e da Leoncio Garza-Valdes, dell’Università di S. Antonio in Texas, hanno poi fatto giustizia dell’errore. E persino Harry Gove, capofila degli scienziati "carbonisti", ha ammesso nel 1995 il proprio abbaglio: sarebbe stata la patina di funghi e batteri che lungo i secoli ha coperto i tessuti della Sindone, a falsare i risultati dell’esame al radiocarbonio.
Di fronte al controverso lenzuolo di lino, fede e scienza, per una volta e almeno sul piano storico, sembrano insomma concordare.

Alberto Melis

(tratto da http://www.nostreradici.it/Sindone.htm)
 
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Aryanna...
view post Posted on 22/3/2008, 16:56     +1   -1




La storia del carbonio 14 mi lascia abbastanza indifferente: ho letto che Simonidis, da quell'esperto falsario che era, era solito servirsi di materiale papiraceo antico; quindi può benissimo avere utilizzato un papiro del I secolo avanti o dopo Cristo.
Sto approfondendo un pochino la questione (ho perfino ordinato un libro! :P) e ho rintracciato alcune osservazioni di Bossina, tra cui quelle citate sopra da Xantia.
Francamente la più interessante e, direi, pressoché inconfutabile, mi pare questa (la fonte è sempre un articolo apparso sul Corriere della Sera):

CITAZIONE
Per descrivere lo sforzo intellettuale del geografo, l'autore del papiro evoca due immagini: Atlante che porta sulle spalle il peso del mondo, e la veglia del filosofo, giorno e notte immerso nei suoi pensieri. In entrambi i passaggi, osserva Bossina, l'autore riprende alla lettera passi del «Commento all'Odissea» di Eustazio di Tessalonica, vescovo bizantino del XII secolo.

Be' ragazzi, se non è un'argomentazione forte questa... :unsure:
 
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Aryanna...
view post Posted on 22/3/2008, 19:42     +1   -1




Direi che questo taglia la testa al toro: si tratta della perentoria replica di Canfora alle obiezioni degli ultimi giorni, ed è di soli 2 giorni fa (tratta dal Corriere della Sera del 20 marzo).
In essa la mole di prove che il filologo porta contro la tesi dell'autenticità è così schiacciante da sommergere letteralmente nel ridicolo gli avversari:

CITAZIONE

Dietro la maschera di Artemidoro
«Quelle parole non furono scritte dal geografo di Efeso - Ecco perché la filologia classica smentisce la chimica»


Finita la festa di Berlino, esauritosi il monologo, si impone un bilancio.
La constatazione più immediata è che la gran parte dei dati di fatto presentati, tre mesi or sono, nel volume laterziano Il papiro di Artemidoro è rimasta senza risposta. Essi riguardano anacronismi, errori geografici, lingua tardiva.
Ma innanzitutto riveliamo al lettore la vera novità di Berlino, prontamente travasata nelle colonne del Sole 24 ore, che rischia di essere soverchiata dal chiasso. Il reperto di partenza ha cambiato natura. Era una maschera funeraria di cartapesta, ora non lo è più! Due anni fa, alla mostra di Palazzo Bricherasio a Torino, ricca e documentata, non c’era nessuna foto dell’oggetto-matrice, allora definito «maschera», da cui l’Artemidoro sarebbe scaturito. E nemmeno dieci anni fa, nell’importante saggio-annuncio, con parziale edizione, dell’Artemidoro (Archiv 1998) ve n’era traccia. Perciò avevamo previsto che, dati i crescenti dubbi sull’autenticità del papiro, alla fine, una qualche foto di una qualche cosa sarebbe venuta fuori (Papiro di Artemidoro, p. 18).

Ma cosa? Di maschera aveva reiteratamente parlato uno studioso prudente quale il Settis e con insistenza una maschera ostentava il filmato che accompagnava ininterrottamente i visitatori del Palazzo Bricherasio. Nel manifesto dell’8 febbraio 2006 un «esperto» parlò di «ammasso di cartapesta da un cartonnage di mummia». Quattro giorni prima, su Repubblica, Settis parlò di «maschera di mummia in cartonnage». E nel catalogo Tre vite un intero capitolo fu dedicato a spiegare cosa fosse un cartonnage.
Fu reiteratamente proclamato che proprietario della maschera era stato il discusso collezionista tardo-ottocentesco Kashaba Pasha, di cui il Metropolitan Museum possiede un manipolo di maschere ben protette. Ora le parole maschera e cartonnage sono scomparse (edizione Led, p. 60), ed è nato il Konvolut, che un tempo era detto Konglomerat. La colla viene quasi del tutto estromessa, si parla di «qualche punto tenuto fermo con un poco di colla». Tutto si basa sulla postuma foto sfoderata per l’occasione berlinese dal venditore e l’oggetto raffigurato viene descritto così: «imbottitura di una cavità non meglio precisabile, ovvero struttura portante di qualche supporto di natura indefinita». Sic. Ad ogni modo l’inelegante gesto tardivo che avevamo previsto è stato compiuto.

Potenza dell’arte fotografica. Ma la postuma foto, definita comicamente «prova schiacciante», apre ulteriori problemi anziché risolverne. «Purtroppo - viene ora asserito - l’unica riproduzione disponibile del Konvolut lo mostra già parzialmente smontato, e non consente di avere indicazioni precise né sulla parte più esterna di esso, né sulla forma che presentava quando era intatto».
In pratica, quell’oggetto non l’ha visto nessuno e la foto unica disponibile è tale da suggerire qualunque ipotesi.
Tra l’altro ci si chiederà: ma allora qual mai oggetto conservava Kashaba nella sua collezione? Una cavità imprecisata? [:P] E se la maschera esce di scena, sotto che forma sarebbe a suo tempo fuoruscito dall’Egitto l’ineffabile oggetto? E chi ha tirato fuori la storiella della maschera? Si voleva mascherare una esportazione illegale? Aveva proprio ragione il saggio e dotto Peter Parsons (Times Literary Supplement dello scorso 22 febbraio) nel collegare reticenza su questo punto e «skulduggery» («loschezza»)...
Come poi potesse un oggetto alto 33 centimetri e largo 11 contenere 3 metri di papiro artemidorico più venticinque documenti (il dono del venditore all’Università di Milano) resta un mistero. Ma forse è quasi spietato continuare a porre domande ad una fotografia postuma. Capiamo bene che lo sfoderamento obtorto collo della foto e la conseguente liquidazione della teoria-maschera hanno come obiettivo di aggredire l’ipotesi che l’Artemidoro sia opera di un falsario.

Il ragionamento, deboluccio, è che un falsario non avrebbe fatto a pezzi il suo prodotto per mascherarlo in un ammasso di cartapesta. Leggemmo già questo pensiero su la Repubblica nel lontano 16 settembre 2006, e la scarsa logica del ragionamento non cessa di stupirci. Chi sa perché solo il falsario avrebbe dovuto o potuto fare ciò.
Avevamo previsto che si sarebbe sprigionato uno scintillio di analisi chimiche e di carbonio 14. È quanto è avvenuto a Berlino nei giorni scorsi, dove per fortuna qualche voce prudente ha ricordato agli astanti i margini di errore.
Poiché però nella credenza popolare il ricorso alle scienze «dure» come ancelle delle scienze «molli» ha un certo effetto, conviene qui ripetere:
1) ovviamente la datazione con C14 è stata effettuata sul supporto papiraceo, non sull’inchiostro;
2) dell’inchiostro - come era da aspettarsi - ci vien detto che i materiali costitutivi sono quelli propri degli inchiostri antichi (edizione critica Led, pp. 66-77);
3) le ricette degli inchiostri antichi si trovano, a portata di chiunque, in Plinio e in Vitruvio, nonché (un esempio tra tanti) nella gloriosa e diffusissima «Encyclopédie méthodique »;
4) i falsari capaci si servono di supporti papiracei antichi. [visto??? :shifty: che vi avevo detto io?]

È inutile sfondare coi carri armati una porta spalancata. Avevamo previsto che dei due ben differenti problemi - carattere tardivo del testo e ricerca del vero autore - sarebbe stato affrontato piuttosto il secondo che il primo. Ed è andata puntualmente così.
E veniamo perciò alle questioni lasciate senza risposta.
Abbiamo dimostrato che la colonna IV del papiro (righi 1-24) è un collage di testi tardivi: due provengono da due differenti opere di Marciano (IV d. C.), un paio di righi riprendono una forma di Tolomeo e dello stesso Marciano, e per colmo di sventura viene accolto anche un errore di calcolo dovuto a Tolomeo (pp. 289-306 = Led, p. 222).
La deduzione è palmare: come può uno scritto sorto comunque dopo il IV d. C. trovarsi su di un supporto del I secolo avanti o dopo Cristo, a piacere? Può aver fatto ciò soltanto un falsario.
Ma anche se credessimo nei miracoli o in una lunga catena di coincidenze fortuite, resterebbe comunque insormontabile l’assurda affermazione del papiro, secondo cui intorno al 100 a. C. (allorché Artemidoro visitò l’Occidente) la provincia romana della Hispania Ulterior avrebbe incluso «la Lusitania tutta». Insormontabile non solo per l’errore in sé, visto che si tratta, com’è ovvio, della Lusitania «in accezione meramente geografica» (Led, p. 220), ma soprattutto perché il frammento 21 di Artemidoro-Marciano dice il contrario: che cioè la Ulterior giungeva allora «fino alla Lusitania». Inutile cavarsela dicendo che all’epoca i confini erano poco chiari (chi sa perché).
Il problema è che Marciano lì sta ricopiando proprio il brano artemidoreo che ci illudiamo di trovare nel papiro: il che dimostra che l’Artemidoro che lui leggeva diceva esattamente il contrario di ciò che troviamo nel papiro.

Altra questione: lo sconclusionato testo proemiale delle colonne I e II. Fantastico l’esordio. «Colui che si accinge ad un’opera geografica (era esatta la traduzione figurante nel catalogo, errata quella Led, p. 196) deve fornire un’esposizione completa della propria scienza dopo avere in precedenza soppesato (ovvero, plasmato: a piacer vostro) l’anima con volontà protesa alla vittoria».
Ripetiamo per l’ennesima volta che questo (beninteso ad assumerlo per autentico) non potrebbe che essere l’esordio generale, l’avvio del libro I, strambamente però piazzato in testa al libro II (Spagna). Vana la riluttanza a prenderne atto (Led, p. 108). Che razza mai di rotolo era questo? Non leggiamo oltre. L’addensarsi massiccio, in così breve spazio, di espressioni e lessico tardo-antichi e bizantini non fu che l’inizio.
Poi ci si parò dinanzi la cascata degli anacronismi, errori geografici etc... Per difendere l’indifendibile impasto del divagante proemio, ci viene ora citato un caso: «l’aggettivo alitemeros, noto solo dall’Etimologico Magno è inaspettatamente riemerso nel 1972 in un papiro di Colonia che contiene versi di Archiloco» (Il Sole di domenica scorsa, p. 48 = Led, p. 57). Viene però sottaciuto che l’Etimologico mette quel termine in relazione con un passo di Callimaco, e nessuno si stupirebbe di trovare in Callimaco una parola già adoperata da Archiloco.

L’Etimologico non è che un vocabolario: un verso di Dante citato nel dizionario del Battaglia non per questo diventa del XX secolo. Aggiungiamo poi che alitemeros è già in Esichio e inoltre è stato agevolmente ripristinato in Esiodo, Scudo 91.
Insomma, il parallelo è inconsistente, o meglio inesistente, a fronte delle moltissime espressioni cavate dai Typikà di conventi dell’Athos o da Manuele Gabalas o anche da Matteo di Efeso o anche dai Basilici e da Giovanni Cinnamo (se proprio si preferisce plasteusanta al ben più probabile talanteusanta del r. 3). Il ricorso all’«asianesimo» non serve.
Un argomento già ben noto, che campeggiava nel mitico catalogo Tre vite, suonava così: nel papiro figurano due toponimi, Ipsa e Cilibe, «che finora conoscevamo solo da monete» (p. 91).
Nel Papiro di Artemidoro (pp. 313-314) abbiamo agevolmente dimostrato che i Cilibitani ci sono già in Plinio, per giunta nella stessa pagina in cui figurano altri toponimi che ritroviamo nel papiro, e inoltre in Rufo Festo Avieno. Cilibe è uscita di scena (Led, p. 256), ed ora è rimasta soltanto Ipsa (Led, p. 58 = Sole, p. 48). Ma il bello è che avevamo anche chiarito che il toponimo attestato da monete non è Ipsa, ma l’iberico Ipses (dunque un altro) e trovasi da tutt’altra parte.
Raccomanderei di cercare ancora in Plinio... Non giova tagliar corto con un perentorio «Ipsa dixit». [:P]
In tutta questa devozione per Ipsa non si è fatto caso ad un fenomeno macroscopico: ne tacciono, pur nell’ambito di analitiche rassegne della Betica, Strabone, Plinio, Tolomeo (dalle straripanti liste) e addirittura Marciano (utilizzato a corrente alternata). E invece il toponimo inaudito sbucherebbe fuori nell’ultra-selettivo periplo del cosiddetto Artemidoro, dove però mancano numerosi importanti toponimi costieri della Spagna (Hemeroskopeion, Abdera, Malake) che invece dai frammenti del vero Artemidoro sappiamo figurare nel libro II.
Caduto tutto il resto, ci si appella al «sampi con un’unità sovrapposta in funzione di esponente » (Led, p. 58 = Sole p. 48), peraltro «mai affermatosi nella tradizione grafica greco-egizia », tanto da indurre i nostri alla fantasiosa ipotesi di un modello in viaggio dalla Ionia (Led, p. 92).
Avevamo già dato qualche informazione al riguardo (pp. 310-311). Altre daremo in un imminente volume. Qui ci basti far notare che quel segno era conosciuto già dalle epigrafi della Caria, studiate fin dalla metà dell’Ottocento (quelle di Cnido dal 1863). Non nasconderemo al lettore che dell’alfabeto cario, di cui quel segno è la trentaduesima lettera, il poliedrico Simonidis fu cultore virtuoso: tanto da scrivere un’intera, falsa, pergamena di Aristotele tutta in alfabeto cario.

Ma forse è giunto il momento di ribadire per l’ennesima volta che le questioni sono due e ben distinte:
a) il cosiddetto Artemidoro non può essere tale perché incorpora testi di molto successivi;
b) se però il papiro che lo tramanda si colloca davvero, e non stentiamo a crederlo, tra 40 a. C. e 130 d. C., allora, purtroppo, è opera di un moderno.


Ovviamente potrebbe essere «salvato» se un’altra provvidenziale analisi al carbonio venisse in soccorso, e collocasse il supporto - che dire - tra Diocleziano e Giustiniano, oppure tra Giustiniano e Manuele Gabalas, oppure tra Gabalas e Meletios. Non si sa mai. La scrittura non costituirà impedimento.
L’accostamento, riproposto da ultimo più vigorosamente di dieci anni fa, col cosiddetto papiro di Cleopatra, è talmente inconsistente che può essere agevolmente accantonato. E si offre invece una ghiotta possibilità: quella dei papiri ercolanesi, accostamento che non era sfuggito, anzi era cautamente prospettato nell’Archiv del 1998. Certo, sarebbe un po’ curioso ritrovare in Egitto scritture di tipo ercolanese, ma, com’è noto, per fortuna, nel XVIII secolo e al principio del XIX i papiri di Ercolano furono ricopiati, disegnati, in album di facile accesso (disegni che, sia detto a onor del vero, Simonidis conosceva benissimo).
Dicono che, dopo la sosta berlinese, il papiro passerà a Monaco. Non sappiamo se sia intenzionale questo ripercorrere le tappe del viaggio, non proprio trionfale, che portò Simonidis a rifugiarsi a Monaco dopo la fuga da Berlino a seguito dello smascheramento dell’Uranios. Dalla capitale dell’allora regno di Baviera, egli lanciò una sfida ai suoi critici con un pugnace libretto intitolato Sull’autenticità di Uranios.
Chi sa se, alla mostra monacense del prossimo luglio, non si accompagnerà un nuovo pugnace opuscoletto intitolato Sull’autenticità di Artemidoro.
Resta la domanda se, una volta finite queste peregrinazioni nei luoghi simonidei, toccherà anche all’Artemidoro, come al buon Simonidis, di finire i suoi giorni in Egitto.

Luciano Canfora
20 marzo 2008

Come dicono i francesi, chapeau. -_-

Signori, è ufficiale: il papiro di Artemidoro è un falso.
 
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view post Posted on 22/3/2008, 19:58     +1   -1




me lo leggo con calma...anche se ci sono talmente tante citazioni sconosciute che mi converrebbe dargli ragione e basta :)
 
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Aryanna...
view post Posted on 22/3/2008, 20:05     +1   -1




Ma tu segui il ragionamento principale, e vedrai che anche senza cogliere tutte le citazioni sta in piedi benissimo. :)

Prima dicevo che il falsario del papiro conosceva sicuramente Michelangelo e i suoi tardi epigoni.
Bene, guarda qui (fonte: Corriere della Sera del 14 gennaio 2008):

image
Volente o nolente, mi ritrovo un po' sempre sulla lunghezza d'onda del Canfora...

Poi non dirmi che non ho delle buone intuizioni, eh, next! :P
 
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view post Posted on 24/3/2008, 20:59     +1   -1




in un documento di queasti giorni edito dalla BBC viene rimessa in dubbio la datazione della Sindone che secondo gli esami al carbonio14 risaliva al medioevo e quindi non poteva provenire dal sepolcro si Cristo.
pare che le manipolazioni subite dal reperto abbiano invalidato l'esame e così tutto verrebbe rimesso in discussione e la battaglia ricomincerebbe.
 
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Aryanna...
view post Posted on 25/3/2008, 01:15     +1   -1




Sì, l'ho sentito... Anche se non ho ben capito COSA sia stato invalidato (la tesi del Medioevo? Ma quella era già stata rimessa in dubbio tempo fa dalla presenza di alcuni pollini... Boh).
Ma dovremmo parlarne nel topic dei falsari. :)
 
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NagoLooxy
view post Posted on 17/6/2010, 21:56     +1   -1




I positively believe that post. I hope this is working, it's my very first time posting here.
 
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Sìse
view post Posted on 14/6/2011, 10:43     +1   -1




up!

Spero non dispiaccia a nessuno se uppo questa splendida discussione al fine di metterla di nuovo in evidenza e di tenerla a portata di mano per rileggerla con calma in questi giorni.
 
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45 replies since 18/3/2008, 09:45   1944 views
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